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Con la risposta ad interpello n. 507/2022, l’Agenzia delle Entrate torna ad esprimersi su un tema spesso sottovalutato dalle aziende che operano nel settore della Blockchain. Nel caso esaminato, parliamo in un’azienda che tramite ICO intende emettere un utility token. L’aspetto spesso sottovalutato riguarda l’ assoggettabilità ad Iva del token in questione. Vediamo nello specifico come si è espressa l’Agenzia Entrate e come riconduce un utility token a uno degli istituti disciplinati dal codice civile. Ma andiamo con ordine.

Cosa sono gli Utility Token per l’Agenzia Entrate?

Riassumiamo in questa sede i concetti fondamentali del documento sopra richiamato. Per qualsiasi desiderio di approfondimento, si rimanda al documento ufficiale o si invita a prendere contatto con il nostro studio.
L’azienda istante ha manifestato la volontà di emettere un utility token attraverso un’offerta pubblica. L’obiettivo consiste nel reperire fondi per la realizzazione di una propria infrastruttura tecnologica operante nel campo della protezione del diritto di autore tramite la tecnologia Blockchain. Stante gli obiettivi dell’azienda di reperire i fondi, perché gli utenti dovrebbero acquistare questo token? Gli utenti che acquisteranno l’utility token potranno usufruire di una serie di sconti sulla piattaforma, nonché avere la possibilità di scambiare il token sul mercato secondario, realizzando così un potenziale profitto.

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Viene da sé come la natura di questi beni sia ibrida. Da un lato, l’acquisto di un token equivale all’ottenimento di uno sconto permanente. Dall’altro potrebbe essere sfruttato alla stregua di uno strumento di investimento, in quanto l’utente potrebbe ottenere una plusvalenza da un’eventuale cessione. Proprio questa natura ibrida del bene allontana la fattispecie dell’utility token da quella dei voucher. Questi ultimi infatti, presentano determinate caratteristiche ben disciplinate. Prima di tutto, prevedono l’obbligo di essere accettato come corrispettivo di pagamento. In secondo luogo devono indicare espressamente i beni/servizi che consentono di acquistare, o in alternativa l’identità dei fornitori.

In sede di prima emissione, è impossibile riscontrare negli utility token le caratteristiche dei voucher. La capacità di trasformarsi dei token ne impedisce un chiaro ed univoco inquadramento.

Utility Token come i voucher?

I tentavi di inquadrare giuridicamente questo tipo di bene sono molteplici. Secondo alcuni autori un token può essere qualificato come titolo di credito (ex. 1992 c.c.); altri lo considerano un bene (art. 810 c.c.) o un titolo di legittimazione (art. 2002 c.c.).
E’ proprio quest’ultimo articolo che viene richiamato dall’interpello esaminato in questa sede. Ai fini Iva gli utility token sono considerati alla stregua di documenti di legittimazione ai sensi dell’articolo 2002 c.c., in quanto conferiscono al portatore il diritto di ottenere dalla società una prestazione a prezzo ridotto rispetto a chi tale token non possiede.

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La cessione di tale bene non assume rilevanza ai fini IVA. L’azienda emittente non dovrà aggiungere l’Iva al prezzo di cessione. La motivazione? La cessione di utility token non integra una prestazione di servizi o una cessione di beni ma si limita a identificare l’avente diritto allo sconto. Il relativo pagamento assume quindi la natura di “mera movimentazione di carattere finanziario”.
In conclusione, si ritiene che la cessione degli utility token effettuata dal Contribuente in sede di ICO non sia soggetta a IVA. Ad ogni modo si ricorda che quando il possessore utilizzerà il token per acquistare a prezzo scontato il servizio offerto dall’emittente l’utility token, detta operazione sarà soggetta a IVA con l’aliquota ordinaria.