Abbiamo da poco analizzato il Decreto Ristori e le categorie che possono beneficiare degli indennizzi. Vogliamo però fare un passo indietro al cosiddetto “Decreto Agosto” del 14/8/20, precisamente all’art.71. Tale articolo avvalorava la volontà del governo di proseguire nella direzione “cashless”. Già nella Finanziaria 2020 era stato inserito un vero e proprio cashback del governo. In pratica tale meccanismo consiste in un incentivo all’utilizzo di pagamenti elettronici, rivolto a tutte le persone fisiche “private” maggiorenni che in Italia effettuano abitualmente acquisti di beni o servizi. A fronte del sempre meno frequente utilizzo del contante, il Governo prevede di riconoscere una vera e propria ricompensa. In cosa si traduce questa ricompensa? In un rimborso in denaro direttamente sul proprio conto corrente. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

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Cashback governo: gli Italiani amano le banconote

Noi italiani, si sa, siamo un popolo che ama il contate. Entrando nel dettaglio, l’Italia è uno dei paesi europei maggiormente legati all’uso delle banconote. Sostanzialmente le motivazioni, di tipo culturale ed etico, sono molteplici. La fotografia dei trend di pagamento in Italia dice che nel 2019 il numero di transazioni pro capite con carte di credito è salito. Ciò non è comunque bastato per smuoversi dai bassifondi della classifica europea.

Numero di transazioni pro capite con carte
Paesi scandinavi 389
Media Europa Occidentale 172
Austria 105
Germania 68
Spagna 103
Malta 96
Grecia 72
Italia 57
Dati aggiornati al 2019. Fonte: IlSole24Ore

In conclusione l’uso così frequente del contante costa al nostro paese circa 133 € per abitante, ovvero 10 miliardi l’anno. Praticamente lo 0,53 % del Prodotto Interno Lordo.

Cashback governo: quanto ci costa il contante?

Prima di tutto, le banconote hanno costi di fabbricazione, trasporto e di gestione. Dal primo gennaio 2018 l’Italia non produce più le monete da 1 e 2 centesimi. Il motivo? Il costo di produzione eccede il loro valore. Per esempio, coniare una moneta da 1 centesimo ne costava 4,5. Fabbricarne una da 2 centesima equivaleva a spenderne 5,2. Per quanto riguarda le banconote, sappiamo che una banconota da 50 euro ha un costo di produzione compreso tra 6 e 10 centesimi. Nel 2017 solo le Banche centrali di Francia, Germania e Italia hanno prodotto 1,7 miliardi di biglietti.

In Italia, le monete sono coniate dalla Zecca dello Stato per conto del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Questi, infatti, in qualità di socio emittente, provvede alla distribuzione sul territorio avvalendosi delle filiali della Banca d’Italia. Una vecchia stima indica in 8 miliardi di euro la cifra spesa per sostenere costi di personale, furti, apparecchiature. Per non dimenticare: trasporto, sicurezza, assicurazioni, magazzini… In ogni caso, un danno enorme per il nostro paese, che se sommato al mancato gettito fiscale è stimabile intorno ai 24 miliardi di euro l’anno. (fonte: Osservatorio Innovative Payments del Politecnico di Milano).

Cashback governo: quanto costano i pagamenti elettronici

Come mai allora non siamo propensi a sfruttare i pagamenti elettronici? Prima di tutto non lo sono gli stessi esercenti. Soprattutto per le transazioni di piccolo importo. Ogniqualvolta pretendiamo di pagare con la carta in un negozio, dobbiamo sapere che il negoziante paga una commissione su ogni operazione. Tale commissione non può superare lo 0,2 % del valore della transazione o lo 0,3% nel caso delle carte di credito. Eppure, nonostante questi limiti, i costi superano regolarmente l’1% del valore delle transazioni.

Tali commissioni sono periodicamente oggetto di contrattazioni tra banche e i circuiti di pagamento. Le cosiddette “commissioni di interscambio” sono una minima parte dei costi che devono sopportare gli esercenti. Questi oneri servirebbero a remunerare la banca che emette la carta, pagare i circuiti di pagamento, i servizi IT. Per non dimenticare i servizi di prevenzioni delle frodi e i servizi amministrativi. Scontato dire che i negozianti e le varie associazioni di categoria faticano ad alzare la voce quando al tavolo delle trattative siedono i colossi bancari.

Oggi questo complesso sistema di pagamenti è composto da un ginepraio di componenti, talune variabili (in base al valore totale delle transazioni), altre fisse (per ogni transazione). Tale mix permette di remunerare tutti gli attori che partecipano all’operazione. Inevitabilmente però, una struttura così rigida penalizza le transazioni di importo ridotto, i cui costi fissi hanno una maggiore incidenza. Al fine di incentivare gli esercenti ad accettare i pagamenti elettronici anche per piccoli importi sarebbe opportuno che venissero applicate esclusivamente commissioni variabili.

Cashback governo: più spendo, più guadagno

L’istituto del cashback che il Governo vuole implementare è mosso da due principali motivazioni. Prima di tutto, incentivare i contribuenti a sfruttare i cosiddetti “mobile paymemts” e contemporaneamente limitare l’evasione fiscale. In secondo luogo, abbattere le commissioni sulle transazioni di piccoli importi che danneggiano i piccoli commercianti. Se sarà raggiunto l’obiettivo, sarà per tutti più semplice pagare un caffè con la carta di credito. Il gestore del locale non pagherà le commissioni sull’utilizzo del Pos. Contemporaneamente il cliente effettuerà una transazione utile per ottenere il bonus sull’uso della moneta elettronica. Nel dettaglio, in cosa consiste questo cashback del governo?

Il meccanismo prevede la restituzione del 10% delle spese sostenute tramite carte o strumenti di pagamento elettronici (come le app). In pratica, chi eseguirà almeno 50 acquisti in un semestre, pagando in negozio senza usare il contante, riceverà un rimborso sul proprio conto corrente pari al 10% di una spesa fino a 1.500 euro. Potrà quindi ricevere fino a 150 euro ogni sei mesi. Che equivalgono a 300 euro in un anno. E’ importante segnalare che le transazioni superiori a 150 euro saranno parzialmente neutralizzate. Infatti, un acquisto da 500 euro conterà pur sempre come un’operazione tracciata, ma contribuirà solo per 150 euro al totale dei 1.500. Per cui il rimborso per singola operazione non potrà superare i 15 euro, anche per i pagamenti oltre 150 euro. Attenzione però: le spese online non posso essere comprese all’interno del cashback del governo.

Cashback governo: quali vantaggi?

L’obiettivo prevede di incentivare e di conseguenza tracciare i piccoli pagamenti, evitando di erogare il rimborso a chi effettua poche e grandi transazioni. In pratica, per ottenere il cashback basterebbero due pagamenti da poco più di 30 euro a settimana. Lo strumento fin qui illustrato si basa però su un perno fondamentale: l’app “Io” della Pubblica Amministrazione. Per accedere al piano di rimborso infatti, il contribuente dovrà scaricare l’applicazione, registrare il proprio codice fiscale, le carte di credito e il proprio IBAN. La bozza della norma prevede che ogni componente di un nucleo famigliare possa partecipare individualmente al cashback. Ciò vuol dire che una famiglia di tre persone potrebbe avere un ritorno di 450 euro ogni sei mesi. Requisito fondamentale per l’applicazione è possedere SPID, ovvero l’identità digitale che permette di accedere ai servizi della pubblica amministrazione.

Gli incentivi che dovrebbero entrare in vigore in via sperimentale a dicembre 2020 e ufficialmente con il 2021 non sono però finiti qua. In agenda è previsto l’istituzione di un SUPER CASH BACK. Si tratta di un premio di 3.000 € riservato ai 100 mila cittadini che effettueranno il maggior numero di transazioni elettroniche in un anno. Avranno i citati meccanismi degli effetti positivi contro l’evasione fiscale? Molto dipenderà da quanto le cifre incassate come mezzi tracciabili verranno dichiarate al fisco. Soprattutto, quanto quest’ultimo sarà efficace nell’individuare chi non le dichiara. Ma questa è un’altra storia.