plusvalenze-criptovalute-quando-si-pagano-le-tasse

La tassazione delle plusvalenze delle criptovalute è un tema delicato che sempre più spesso viene sottoposto alla nostra attenzione. Considerata la volatilità dei beni in questione, è un aspetto che non deve mai essere sottovaluto. E’ scontato ricordare che non sempre le cessioni di criptovalute generano plusvalenza, anzi. Così come capita di vedere che il valore di alcuni asset di cui disponiamo salga improvvisamente, è altrettanto frequente la situazione in cui il controvalore complessivo delle nostre criptovalute crolli. Come dobbiamo comportarci in questi casi? Se cedo i miei beni ad un prezzo superiore al costo di acquisto e genero una plusvalenza devo pagare le tasse? Analizziamo alcuni situazioni tipiche che aiutano a fugare qualche dubbio.

Plusvalenze criptovalute latenti

Di base, la cessione di criptovalute non genera redditi imponibili. Ad una condizione però: il valore complessivo dei beni detenuti non deve superare i 51.645,69 € per almeno sette giorni lavorativi continuativi. Oltrepassata tale soglia infatti, sarebbe prevalente la finalità speculativa del contribuente ed eventuali plusvalenze non sarebbero più esenti da tassazione. Questo è il parere del legislatore.
Proviamo di seguito ad analizzare quattro diverse situazioni che potrebbero non essere chiare alla maggior parte dei possessori di criptovalute.

Trasferimento tra wallet proprietari
Primo esempio: un contribuente effettua un trasferimento di criptovalute tra due indirizzi di due diversi wallet, entrambi di sua proprietà. L’atto in questione può essere considerato un prelievo? La risposta è negativa, in quanto l’Agenzia delle Entrate non considera come prelievo di valute estere il mero trasferimento di “valute virtuali” (questa la definizione dell’Agenzia) da un wallet ad un altro.
Non si ritiene infatti che da tale operazione scaturiscano redditi imponibili e/o si generi nuova ricchezza da tassare.

Leggi anche:
VALORE BITCOIN IN BILANCIO ANZIENDALE. CONVIENE INSERIRLO?

La plusvalenza latente
Secondo esempio: un contribuente detiene criptovalute acquistate per 20.000 € con una plusvalenza latente di 5.000 €. Ciò vuol dire che a suo tempo erano state acquistate per 15.000 € ma durante il corso dell’anno il valore è aumentato sensibilmente. In questo caso, nonostante l’evidente plusvalenza, non abbiamo redditi da tassare. Non siamo infatti di fronte ad alcuna cessione. Rimane ovviamente obbligatoria la compilazione del quadro RW.

Quando si pagano le tasse sulle plusvalenze?

Scambio di criptovalute
Terzo esempio: un contribuente cede criptovalute a fronte di altre criptovalute ottenendo una plusvalenza. In questo caso la cessione non è avvenuta a fronte di euro o altre valute tradizionali, ma siamo rimasti all’interno del circuito della blockchain. Seguendo la risposta all’interpello n. 788/2021 dell’Agenzia Entrate, la plusvalenza sarebbe tassabile solo se la giacenza media complessiva abbia superato la soglia di 51.645,19 €.

Leggi anche:
ACQUISTO CRIPTOVALUTE DA PRIVATO: COSA SAPERE PER ESSERE IN REGOLA CON IL FISCO

Cessione di criptovalute
Quarto esempio: plusvalenze da cessione di criptovalute sopra soglia. In questo caso il contribuente in questione ha, nel complesso di tutti i suoi wallet, una disponibilità maggiore di 51.645,69 euro. Ipotizziamo che questo sia il suo comportamento:

  • – 1 febbraio 2022: acquisto 1 bitcoin del valore di 60.000 €
  • – 5 marzo 2022: acquisto 1 bitcoin del valore di 50.000 €
  • – 7 luglio 2022: cessione 1 bitcoin al valore di 70.000 €

Nel nostro esempio il contribuente ha realizzato una plusvalenza di 20.000 (70.000 – 50.000) che andrà inserita nel quadro RT della dichiarazione dei redditi e subirà una tassazione pari al 26% del suo valore.

Plusvalenze o minuvalenze?

Riprendiamo però l’esempio precedente modificando leggermente il tasso di cambio:

  • – 1 febbraio 2022: acquisto 1 bitcoin del valore di 60.000 €
  • – 5 marzo 2022: acquisto 1 bitcoin del valore di 80.000 €
  • – 7 luglio 2022: cessione 1 bitcoin al valore di 70.000 €

In questo caso siamo di fronte non ad una plusvalenza, bensì ad una minusvalenza di 10.000 (70.000 – 80.000). Perché siamo di fronte ad una minusvalenza?

Leggi anche:
DEVO PAGARE LE TASSE SULLE CRIPTOVALUTE?

La risposta è molto semplice. Occorre considerare il principio LIFO (Last In Firs Out) secondo il quale il primo bene ad essere ceduto non è nient’altro che l’ultimo acquistato. Appurata la minusvalenza, è importante che non venga tralasciata durante la compilazione della dichiarazione dei redditi. Per quale motivo? Eccone almeno un paio:

  • – le minusvalenze possono essere scomputate da eventuali plusvalenze realizzate mediante cessioni di altre criptovalute;
  • – se le minusvalenze eccedono le plusvalenze possono essere riportate negli esercizi successivi.

In altre parole le minusvalenze contribuiranno a diminuire il reddito imponibile (e quindi le tasse sulle criptovalute) negli esercizi futuri; per questo motivo ci premuriamo che non vengano mai tralasciate in sede di compilazione della dichiarazione.

Abbiamo provato ad elencare le casistiche che suscitano maggiori dubbi sul tema delle plusvalenze derivanti da cessioni di criptovalute. Per qualsiasi altro aspetto da approfondire vi invitiamo a prendere un appuntamento in modo da sviscerare il vostro caso personale e aiutarvi a districarvi al meglio.